Lettera all'Editore di



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto, Padre della Patria, saluta Sinclair Dumontais, prefetto del Dialogus.

S. V. B. E. E. V. (1)

Se mi rivolgo a te, è perché il mio pronipote Gaio, figlio della bella e forte Vipsania Agrippina, mi ha vivamente consigliato di unirmi al tuo Dialogus. Conosci già bene questo Gaio: è quello che avevo inviato in Germania quando era ancora neonato; laggiù era divenuto la mascotte delle mie legioni, che avevo affidato a suo padre, il valente Germanico. Fu peraltro allora che i legionari, inteneriti ed affascinati da questo bambino che viveva con loro, rivestito della loro stessa uniforme, avevano iniziato a chiamarlo "Caligola".
Ma perché ho seguito il consiglio di quel ragazzo? Ebbene, ne sarai forse sorpreso, ma ho piena fiducia in lui. Egli ha, come me, una spiccata capacità di giudicare la gente e di leggere nella mente altrui, guardando l'interlocutore dritto negli occhi: mi ricordo che mi divertivo anch'io ad usare quella tecnica fin dalla mia adolescenza. E ciò mi ha avvantaggiato parecchio da quando ho deciso di accettare la pesante eredità di mio padre (2), il divo Giulio Cesare.
Avevo appena diciannove anni, allora: attorniato dai miei amici coetanei, sono riuscito ad impormi sul Senato (che non mi amava affatto, e che andava molto fiero d'aver ucciso mio padre) ed a pormi allo stesso livello dei potentissimi Marco Antonio e Lepido. Da allora, sebbene le mie forze fossero inferiori a quelle dei miei avversari, ho potuto contare su dei collaboratori di prim'ordine: innanzi tutti il mio fedele amico Marco Agrippa (che è divenuto poi mio genero ed il mio collega al potere), senza il quale non avrei mai potuto neutralizzare tutte le guerre, le aggressioni e gli altri tranelli predisposti contro di me. Vi era in effetti una moltitudine di gente senza scrupoli che voleva approfittare dell'anarchia per continuare ad esercitare dei poteri arbitrari ed arricchirsi senza alcun controllo. Occorreva ad ogni costo ripristinare l'ordine, per restituire al popolo di Roma ed a tutte le popolazioni dell'Impero la libertà di vivere a proprio piacimento, nel rispetto delle leggi, senza essere minacciati da chicchessia. Dopo la vittoria navale d'Azio, avendo pacificato la terra ed il mare, tutto si è reso più facile sul piano militare; e ciò mi ha consentito di chiudere per tre volte le porte del tempio di Giano. In questa felice situazione di pace, ho infine potuto instaurare il "principato", la forma di governo che ho ideato e messo a punto nel rispetto delle nostre tradizioni e delle istituzioni della costituzione repubblicana: è ciò che ha dato a tutto l'Impero una stabilità che lo stato romano non aveva mai conosciuto in precedenza ed i cui benefici si sono protratti per oltre quattro secoli. Ma quanto è accaduto dopo di me, lo sai certamente altrettanto bene di me.

Eccomi dunque pronto a dialogare con i visitatori di questo sito, il cui carattere cosmopolita mi è alquanto familiare. È proprio quest'atmosfera che si è sempre respirata a Roma, da quando la pace che avevo stabilito iniziò ad attirare nella Città genti provenienti da tutte le sponde del Mediterraneo ed anche da angoli ancor più remoti del nostro immenso Impero. Avrò comunque una certa difficoltà ad esprimermi in questa lingua che non è la mia, e nella quale non ho avuto molte occasioni di esercitarmi. In effetti, avevo delegato ad Agrippa il compito di curare gli affari delle Gallie; mentre io stesso, essendo rimasto in tutti questi secoli nella Città Eterna, ho nelle orecchie il suono del Tevere, che scorre qui vicino, ed un dialetto che somiglia un po' più al latino. Avrai d'altronde notato, in questa lettera, qualche forma piuttosto strana e qualche errore, qua e là. È la tua lingua interpretata da un Romano: spero che sia sufficientemente comprensibile e che non offenda troppo le sensibilità galliche. (3)

Che gli Dei ti siano favorevoli e continuino a proteggere il tuo Dialogus.

IMP. CÆS. AVG.

(1) Nota del segretario: "si vales, bene est: ego valeo".
(2) Ricordiamo che Giulio Cesare, prozio di Ottaviano, adottò quest'ultimo come suo figlio nel 45 a.C., ed è per questo che l'Imperatore Augusto ha il pieno diritto di designare Giulio Cesare come suo padre. [n.d.r. di Dialogus]
(3) Infatti, la versione originaria è stata scritta in francese [n.d.r. di Roma Aeterna]


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