Trofeo delle Alpi



Hervé le Celte      

Pontifex Maximus,

in quanto Mentonese, mi reco spesso con piacere al trofeo di Turbia, che hai fatto erigere in seguito alla tua vittoria sui Liguri.
Mi fa una grande impressione parlare con te, Princeps



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Hervé Celtico, salve.

Mi è stato detto che la tua città si trova nella regione della Liguria, fra Album Intimilium (1) ed il Portus Herculis Monoeci (2), abbastanza vicino alla stazione di Lumone (3), laddove vi è anche un buon ancoraggio protetto dal promontorio. Sei dunque molto vicino al mio trofeo, che sta proprio al di sopra del porto di Ercole. Dato che ami questo monumento, ti darò qualche ulteriore informazione sulla sua origine.

Come sai, ho conseguito la pacificazione di tutte le Alpi, ad iniziare dalla costa delle Alpi Marittime fino alla regione prossima al madre Adriatico, senza condurre guerre ingiuste contro alcuna popolazione.
Quei popoli erano rimasti indipendenti fino alla mia epoca, poiché i Romani non avevano avuto alcun motivo di immischiarsi nelle loro faccende, accontentandosi del riparo naturale di cui godeva l'Italia grazie alla protezione della catena delle Alpi. È anche vero che quelle stesse genti avevano un tempo aiutato Annibale a valicare quei monti per marciare contro Roma, ma nel seguito esse erano rimaste abbastanza tranquille e non avevano più causato seri problemi. È per tale motivo che mio padre, il divo Giulio Cesare, non ebbe mai bisogno di occuparsene in tutto l'arco dei nove anni del suo proconsolato nelle Gallie (4).
I primi fermenti erano iniziati durante le guerre civili, quando le popolazioni meno controllate pensarono di poter trarre profitto dalle nostre difficoltà interne. Esse si fecero quindi sempre più audaci, e giunsero a commettere delle ostilità di gravità crescente nei confronti nostri e dei nostri alleati. Fui dunque costretto ad intraprendere una serie di interventi militari in quelle zone, per ristabilirvi la pace e la sicurezza.

Tali operazioni poterono avviarsi nell'anno del mio quinto consolato (5), cioè dopo la vittoria navale di Azio e la conseguente annessione dell'Egitto. Esse continuarono negli anni successivi, ma la loro conclusione giunse molto più tardi, l'anno in cui ricevetti la carica di Pontefice Massimo (6), dopo tre anni di combattimenti decisivi. Fu, in effetti, in quest'ultimo periodo che richiesi il massimo sforzo alle mie legioni, poste sotto il comando dei miei migliori generali. I primi successi furono riportati da Publio Silio Nerva, nella regione dei Camuni e dei popoli vicini. Inviai poi i due figli di Livia, Tiberio e Druso, contro i Reti ed i quattro popoli dei Vindelici. Lo stesso Druso, dopo aver brillantemente completato le operazioni con suo fratello, pacificò completamente tutte le popolazioni della regione montuosa a nord dell'Italia. I successi romani si estesero quindi sulle popolazioni liguri montane, che noi chiamiamo i Capillati per la loro lunga chioma, e che occupavano la parte occidentale delle Alpi.
Sul lato orientale si recò il mio collega Marco Agrippa, il cui arrivo in pieno inverno bastò a dissuadere definitivamente i più bellicosi che avevano deciso di riprendere le armi. Ma quell'amico così prezioso si ammalò durante la navigazione di ritorno, e morì poco dopo essere giunto in Campania, laddove mi precipitai per rendergli le estreme onoranze.

La pacificazione di tutta la regione costiera fra l'Italia e la Narbonese – che era, da un secolo, la prima delle province romane transalpine – venne resa più stabile dalla fondazione della colonia latina di Cemenelo (8) al centro del territorio delle Alpi Marittime, che divenne una provincia imperiale.
Si rese allora necessario assicurare a questa provincia un adeguato collegamento stradale, cosa che feci con la costruzione di una nuova via. Lungo la costa italiana sul Tirreno vi era già la via Aurelia (costruita da oltre due secoli dal console Gaio Aurelio Cotta), che andava da Roma a Vada Volaterrana (9). Il percorso continuava poi con la via Emilia Scauri (costruita da quasi un secolo dal censore Marco Emilio Scauro), che giungeva, lungo la costa, fino a Vada Sabatia (10).
Feci dunque costruire una nuova arteria che passava da quest'ultima città (partendo da Piacenza) e giungeva a Cemenelo, donde doveva poi proseguire fino ad Arelate (11). Questa nuova strada, che venne chiamata via Giulia Augusta, raggiungeva la quota più elevata nelle Alpi Marittime all'altezza del porto di Ercole (2).

Fu in tale posizione che il trofeo venne eretto, per decreto del Senato, nell'anno del secondo consolato di Tiberio (12), al fine di celebrare la vittoria romana sui popoli montani che avevano compromesso la sicurezza della zona ed il pacifico svolgimento delle attività delle città vicine. Credo che la proposta relativa a tale monumento fosse stata avanzata al Senato da Marco Valerio Messalla Corvino. La collocazione era stata scelta per la sua grande visibilità e per il fatto che il porto di Ercole era considerato da molti testi di geografia e di corografia come il punto in cui terminavano le Alpi. Poteva dunque considerarsi il confine naturale fra la nuova provincia delle Alpi Marittime e l'Italia. Inoltre, la vicinanza del tempio di Ercole poneva questo sito sotto i miglioro auspici.
Il progetto si è ovviamente ispirato agli altri trofei innalzati dai Romani in precedenza, e, fra essi, soprattutto al «Trofeo dei Pirenei», che Pompeo Magno aveva fatto erigere per commemorare le sue vittorie riportate fra la Narbonese e la Spagna Ulteriore, e per incidervi l'elenco delle oltre 870 città che vi aveva sottomesso.
La similitudine geografica fra le collocazioni di questo precedente trofeo e di quello eretto alla mia epoca ha suggerito di chiamare quest'ultimo il «Trofeo delle Alpi» (Tropaeum Alpium). L'iscrizione che vi è stata incisa ha riprodotto la dedica del Senato e del popolo romano al loro principe, con l'elenco dei 45 popoli alpini che erano stati sottomessi durante le lunghe campagne di cui ho parlato precedentemente.
Si tratta, in definitiva, di un'importantissima testimonianza degli sforzi che vennero compiuti, in un teatro particolarmente difficile, per assicurare delle condizioni di permanente sicurezza alla regione che consentiva di unire strettamente i destini dell'Italia e delle Gallie.

Vale,

IMP. CÆS. AVG.

NOTE:
(1) attuale città italiana di Ventimiglia
(2) Monaco
(3) Cap-Martin
(4) 58-50 a.C.
(5) 29 a.C.
(6) 13 a.C.
(7) 16-14 a.C.
(8) Cimiez, a nord di Nizza
(9) Vada, nei pressi di Cecina
(10) Vado Ligure
(11) Arles, la città romana più importante della Narbonese
(12) 7 a.C.



Hervé le Celte      

Ave Pontifex Maximus,

sono lusingato per la tua risposta, ma pensi che Roma sia sempre una repubblica dopo il tuo principato?

I miei rispetti, Signore.

Hervé le Celte



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Hervé Celtico, salve.

La strana domanda che mi poni mi costringe a risponderti con una ovvietà.
La nostra repubblica è l'insieme del Senato e del popolo romano. Ora, tutti i miei sforzi hanno avuto lo scopo di migliorare le condizioni di entrambi, restituendo al Senato il decoro e la saggezza che gli erano propri, ed aumentando la potenza ed il benessere del popolo romano.
Per tale ragione, tenuto conto di tutte le azioni che ho portato a termine e dei risultati che ho potuto direttamente constatare, sono convinto che l'effetto del mio principato sulla Repubblica sia stato quello di averla rafforzata.

Per quanto concerne i saluti, non voglio discutere le abitudini dei Celti, ma debbo dirti che i Romani non amano che un uomo libero possa rivolgersi ad un altro uomo libero chiamandolo «Signore». Personalmente non ho mai permesso che mi si potesse chiamare in tal modo.

Vale,

IMP. CÆS. AVG.


quebec

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