Comune di Roma - Equipe Cooperativa Sociale a.r.l.

TUTTE LE STRADE
PORTANO A ROMA


PRESENTAZIONE DEL CAPITOLO III

di DOMENICO CARRO

presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare «Caio Duilio»
Roma, 7 ottobre 2010


« Omnes viae Romam ducunt »

Allargando la visuale dall’Italia all’intero Impero, vediamo che la rete stradale romana era estesa a tutte le province, ramificata in modo capillare, ma inevitabilmente spezzata e divaricata dall'ampio bacino del mare Mediterraneo, sulle cui coste le strade sembrano interrompersi.

La conoscenza del sistema viario romano sarebbe quindi incompleta se non si tenesse conto della sua indispensabile prosecuzione in mare, lungo la fitta rete delle rotte navali. Le stesse rotte costituivano peraltro la normale via di comunicazione per la quasi totalità dei prodotti che pervenivano a Roma.

Questa rete dimostra lo straordinario sviluppo raggiunto dalla navigazione in epoca imperiale, a livelli che fino allora sarebbero stati impensabili e che rimasero poi insuperati fino all’epoca moderna, quando venne introdotta la propulsione a vapore.
Ma qui molti incontrano una difficoltà psicologica a superare questo apparente paradosso: il fervore di attività marinare in un mondo dominato dai Romani, spesso considerati dei terricoli inveterati, per il loro retaggio agreste, da pastori e contadini.
E’ vero che gli stessi Romani manifestavano talvolta una certa nostalgia di maniera per la tranquillità bucolica della mitica età dell'oro. Ma non bisogna confondere la poesia con la realtà.
I Romani erano dei sicuri conoscitori del mare in tutti i suoi aspetti … incluso quello gastronomico: anche se amavano il sapore forte e casereccio del pecorino romano, essi furono anche fra i più raffinati ed esigenti estimatori dei pesci più pregiati. D’altronde le navi furono sempre presenti a Roma, fin dalle più remote origini. In effetti va ricordato che Roma nacque “con i piedi nel Tevere”, visto che il fiume lambiva le pendici del Palatino e del Campidoglio formando un ancoraggio naturale per i mezzi navali di cui vi era bisogno: traghetti e navi marittime.

I Tarquini bonificarono i due Velabri, ma lasciarono l’ampia insenatura del Porto Tiberino (ricostruzione tratta da Filippo Coarelli), dominata dal Tempio di Portuno. In epoca repubblicana il porto fluviale della città si estese progressivamente a valle fino alle banchine dell'Emporio. Roma, quindi, fu sempre in collegamento diretto con il mare attaverso il Tevere, alla cui foce c’era il porto marittimo di Ostia, la prima ed antichissima colonia di Roma. Al fiume, apportatore di quanto occorreva per il sostentamento di Roma, venne pertanto riconosciuta un’essenza divina.

Lo sviluppo della navigazione, necessaria per la sopravvivenza dell’Urbe, fu reso possibile dall'affermazione e dalla crescita del potere marittimo di Roma, che, mediante la condotta di una lunga serie di operazioni navali, sempre vittoriose, contro le maggiori potenze navali del Mediterraneo, consentì a Roma quella straordinaria espansione che i Romani stessi chiamarono “transmarina”.
Bisogna ben capire che nessuna forza umana avrebbe mai potuto conquistare e mantenere per molti secoli un impero dispiegato su tutte le sponde del Mediterraneo se non avesse preventivamente acquisito e costantemente riconfermato il proprio assoluto dominio del mare. E’ proprio quello che fecero i Romani, imponendosi con le loro flotte su tutte le più agguerrite ed esperte forze navali che operarono contro di loro.

La pace venne infine stabilita sulla terra e sui mari da Augusto, che per preservare la stabilità istituì le flotte imperiali permanenti. Da quel momento le flotte furono impiegate sia per le operazioni militari necessarie ai confini, sia per assicurare, con la loro presenza e vigilanza, la tutela della legalità e della sicurezza nei mari dell’Impero.

I primi Cesari, inoltre, adottarono numerosi provvedimenti per incentivare la navigazione: costruzioni navali, opere marittime (porti, fari, canali), tutela giuridica ed agevolazioni fiscali.

Le favorevoli condizioni assicurate agli armatori e la ricerca di nuove opportunità di commercio favorirono un’eccezionale intensificazione dei traffici marittimi interni e l’estensione delle rotte fino ai limiti del mondo conosciuto, e talvolta anche oltre.

Fin da quando le flotte di Giulio Cesare posero le acque dell’Oceano sotto il dominio di Roma, i mercantili romani iniziarono a commerciare regolarmente lungo le coste della Manica e del Mare del Nord, fino alle isole Frisone, ove acquistavano l’ambra. Le esplorazioni successivamente condotte più a nord dalla flotta di Augusto li hanno poi incoraggiati ad entrare nel Mar Baltico, ove trovarono che gli Estii vendevano l’ambra a minor prezzo. Ancora più a settentrione navigò la flotta romana di Giulio Agricola, flotta che per prima effettuò il periplo della Britannia; non solo, ma nella sua rotta verso nord si spinse molto al di là delle Orcadi e delle Shetland, giungendo ad avvistare la misteriosa Tule. Questa isola sarebbe poi stata anche visitata ogni tanto dalle navi romane, secondo quanto lo storico Procopio apprese da un testimone diretto.

L’annessione dell’Egitto da parte di Augusto aprì al commercio navale romano il Mar Rosso e l’Oceano Indiano. Dopo essere passati dal Mediterraneo al Mar Rosso (risalendo il Nilo e percorrendo il canale, o attraversando il deserto) le navi raggiungevano l’Arabia Felice, per poi dirigersi verso l’India: prima lo fecero su rotte costiere per raggiungere l’Indo, poi su rotta d’altura diretta ai porti meridionali della penisola. Sotto il principato di Claudio stabilirono rapporti commerciali con Taprobane. Sotto i Flavi avevano già raggiunto il Gange. Sotto gli Antonini entravano anche nel Mare Cinese Meridionale e si spingevano occasionalmente fino alla Serica, meta anche di un’ambasceria ufficiale inviata da Marco Aurelio.

Tutte queste navi che si inoltravano così lontano, ben oltre i confini dell’Impero, ritornavano ovviamente nel Mediterraneo; ed in tale bacino la maggior parte del traffico seguiva i grandi fasci di rotte che portavano a Roma. I comandanti dirigevano verso l’alto faro che, eretto su di un’isola artificiale creata davanti all’imboccatura del porto imperiale, aveva surclassato il celebre faro di Alessandria poiché indicava ai naviganti la rotta verso quello che era, per tutti, il centro del mondo. Eccolo, in una ricostruzione pittorica seicentesca, il grande complesso portuale chiamato Porto Augusto o semplicemente Porto: iniziato da Claudio, inaugurato da Nerone e completato da Traiano. Collocato sul sito dell’odierno aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci, costituiva il punto d’arrivo di tutte le principali rotte marittime, tanto che il detto sulle strade che portano a Roma risulta del tutto valido proprio nel campo navale.
Ne abbiamo una testimonianza diretta da un retore del II secolo, colpito dall’enorme numero di navi che giungevano nelle acque di Roma.



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