Senato e arte militare



Jean-Claude Miller      

Salve a Voi caro Imperatore,

Siccome non posso comunicare con Vostro prozio Giulio Cesare, credo fermamente che potreste aiutarmi.
Prima di tutto, amerei - se poteste farlo - che gli porgeste le mie congratulazioni per tutto ciò che ha fatto per Roma, sia economicamente, sia politicamente. Ai miei occhi, è uno dei più grandi uomini che abbiano segnato la nostra storia.
Caro Imperatore Cesare Augusto, sarei lieto se Voi mi rispondeste a due domande sulle quali mi interrogo spesso. Fu Vostro prozio Giulio Cesare che a costituì il Senato, quale lo si conosce oggigiorno? È vero ch'egli fu il primo ad aver scritto un libro sull'arte militare?

Molto umilmente,

Jean-Claude Miller



Augusto      

L'Imperatore Cesare Augusto a Jean-Claude, salve.

Il divo Giulio Cesare gode a giusto titolo dell'ammirazione e della devozione d'un grandissimo numero di persone. In qualità di suo figlio, sono stato il primo a rendergli pubblicamente tutti gli onori che i suoi vili assassini avevano voluto sottrargli. Ero allora molto giovane, ed avevo da poco tempo accettato formalmente la sua adozione, unitamente alla pesante eredità ch'egli aveva volto lasciarmi. Questo mi ha consentito di comprendere meglio di chiunque altro l'estensione straordinaria dei suoi meriti, che nessun essere umano saprebbe eguagliare.
Ma non bisogna nemmeno attribuire al divo Giulio i meriti altrui. Debbo dunque rispondere "no" ad entrambe le domande che mi hai posto.

In effetti, il Senato di Roma venne istituito da Romolo, che nominò cento senatori. In seguito, il Senato è stato oggetto di molteplici ampliamenti, che si sono resi necessari a causa delle crescenti esigenze dello Stato, fintanto che Roma continuava ad espandersi. Mio padre, al termine delle guerre civili, ha avuto la delicatezza di non cambiare nulla nel Senato, che contava più d'un migliaio di membri; ed i senatori l'hanno ringraziato pugnalandolo a tradimento. Durante il mio principato, avendo deciso di dare infine la pace e la stabilità alla Repubblica ed ai suoi confini, ho nel contempo stabilito un limite ben preciso al numero dei senatori, che ho ridotto a 600.
Comunque, nonostante i cambiamenti formali subiti dal Senato lungo il corso dei secoli, questa istituzione ha sempre conservato le funzioni essenziali che gli aveva attribuito Romolo. È dunque a quest'ultimo che dobbiamo attribuire il merito d'aver fondato, sia la nostra Città immortale, sia il primo autentico Senato: quello che è servito da modello a tutti i popoli che hanno assorbito la civiltà romana.

Quanto ai libri sull'arte militare, mio padre non è certamente stato il primo a scriverne. D'altronde, ben prima che i Romani avessero pensato di mettere per iscritto qualcosa su questo argomento, vi si era già pensato altrove. Si trovano questi testi soprattutto fra i Greci, che amano particolarmente la redazione dei principi teorici, anche laddove non sanno come metterli in pratica.
A Roma, nei sei primi secoli, non vi erano state che le regole scritte dal collegio dei Feziali, istituito da Anco Marcio: si trattava delle forme giuridiche e protocollari che i Romani dovevano osservare per i passi che precedono ed accompagnano le dichiarazioni di guerra (da quel momento in poi, essi sapevano perfettamente cosa fare, senza bisogno di manuali scritti).
Più tardi, diversi Romani hanno voluto pubblicare qualche consiglio sulla condotta delle ostilità. Fra di essi, potrei citare Marco Porcio Catone, colui di cui ci si ricorda a causa del suo rigore quando fu censore: egli dedicò a suo figlio una raccolta di precetti, che comprendeva anche un trattato di arte militare. Un altro trattato analogo venne scritto da Lucio Cincio Alimento, che fu pretore in Sicilia prima di battersi, senza troppa fortuna, contro Annibale. Potrei ancora citare Marco Terenzio Varrone, che era parecchio più anziano di mio padre, ma che ebbe una vita considerevolmente più lunga. Fra le sue innumerevoli opere, si trovano molti contributi allo studio dell'arte militare, specialmente nel campo navale.
Occorre infine precisare che il divo Giulio Cesare non ha scritto un vero e proprio "trattato" teorico, ma ci ha lasciato la descrizione delle sue proprie guerre nei suoi "Commentari", che rappresentano un superbo monumento al suo ineguagliabile genio militare.

Vale,

IMP. CÆS. AVG.


quebec

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